Tante morti in più ogni anno, oltre 1.200, e quelle per tumori che schizzano al 43% a fronte del 30% di media nazionale. È quanto accade nei “Siti di interesse nazionale per le bonifiche” (Sin), che coincidono con i maggiori agglomerati industriali e sono stati studiati dal “Progetto Sentieri” (“Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento”), coordinato dall’Istituto superiore di Sanità, presentato ieri dai ministri per
Un panorama sconfortante al quale i ricercatori sono giunti esaminando 44 Sin e valutando la mortalità nelle popolazioni residenti su dati riguardanti il periodo 1995/2002, durante il quale si sono registrate appunto quasi 10mila morti in più rispetto alle attese. Con gli indicatori di mortalità calcolati per 63 cause o gruppi di cause.
«Il dato probabilmente è un po’ sovrastimato, ma l’ordine di grandezza è giusto», ha spiegato Pietro Comba dell’Istituto superiore di Sanità, l’autore principale dello studio. Come sempre poi c’è la precisazione degli esperti: in pochi casi è possibile attribuire con certezza la correlazione fra agenti inquinanti e maggiore mortalità, però in quasi tutti i Sin questo “sospetto” è tanto forte da far «raccomandare ulteriori indagini».
L’AMIANTO. La presenza di amianto è stata la motivazione esclusiva per il riconoscimento di sei Sin (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit e Biancavilla) e «in tutti, con l’esclusione di Emarese, si sono osservati incrementi della mortalità per tumore maligno della pleura». Ed in sei siti con presenza di altre sorgenti di inquinamento oltre all’amianto, «la mortalità per tumore maligno della pleura è in eccesso a Pitelli, Massa Carrara, Priolo e nell’Area del litorale vesuviano».
LE RAFFINERIE. Difficile, come detto, correlare direttamente cause ed effetti. Tuttavia, in alcuni casi, è possibile: per gli incrementi di mortalità per tumore polmonare e malattie respiratorie non tumorali, «a Gela e Porto Torres è stato suggerito un ruolo delle emissioni di raffinerie e poli petrolchimici», come anche «a Taranto e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese un ruolo delle emissioni degli stabilimenti metallurgici».
I METALLI PESANTI. Negli eccessi di mortalità per malformazioni congenite e condizioni morbose perinatali «è stato valutato possibile un ruolo eziologico dell’inquinamento ambientale a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres», annotano i ricercatori dell’Istituto di Sanità. Mentre per le patologie del sistema urinario, in particolare le insufficienze renali, «un ruolo causale di metalli pesanti, Ipa e composti alogenati, è stato ipotizzato a Massa Carrara, Piombino, Orbetello, nel Basso bacino del fiume Chienti e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese».
IL PIOMBO E IL MERCURIO. Incrementi di malattie neurologiche per i quali è stato sospettato un ruolo di piombo, mercurio e solventi organoalogenati – si legge ancora nel “Progetto Sentieri” – «sono stati osservati rispettivamente a Trento Nord, Grado e Marano e nel Basso bacino del fiume Chienti». E «l’incremento dei linfomi non-Hodgkin a Brescia è stato messo in relazione con la contaminazione diffusa da policlorobifenili».
«SOVRAMORTALITA’». Tornando a dare un’occhiata complessiva, «è emerso che la mortalità in tutti i Sin, per le cause di morte con evidenza a priori “Sufficiente” o “Limitata” per le esposizioni ambientali presenti, supera l’atteso». Una sovramortalità che è stata riscontrata anche estendendo l’analisi a tutte le cause di morte, con una media di oltre 1 200 casi annui in più.
NECESSITA’ DEI DATI. Ultima annotazione: «Il gruppo di lavoro del Progetto ritiene che la produzione di ulteriori dati epidemiologici relativi alle popolazioni residenti nei Sin sia necessaria per una più approfondita comprensione dell’impatto sanitario dei siti contaminati e una migliore individuazione delle priorità negli interventi di risanamento ambientale». Perciò i risultati sono stati già condivisi con i ministeri della Salute e dell’Ambiente, le Regioni, le Asl, le Arpa e i Comuni interessati.
NUOVE SINERGIE. Così da consentire – chiudono ottimisticamente i ricercatori – «l’attivazione di sinergie fra le strutture pubbliche con competenze in materia di protezione dell’ambiente e di tutela della salute, e su questa base l’avvio di un processo di comunicazione con la popolazione scientificamente fondato e trasparente». Pino Ciociola