PADOVA – L’associazione italiana di oncologia medica, insieme alla società italiana di medicina generale, con il patrocinio dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Padova, terrà un interessante convegno sul rapporto tra ambiente e tumori, l’11 maggio, sabato prossimo, a Padova. Lo studio della correlazione tra ambiente e tumori (cancerogenesi ambientale e professionale) costituisce un importante settore dell’oncologia, ai fini delle scelte di politica sanitaria e ambientale
L’incidenza dei tumori sta registrando, purtroppo, una crescita in tutto il mondo. La studio delle cause e la prevenzione primaria rappresentano oggi gli strumenti necessari per il tentativo di contenere tale malattia. Gli studi, la ricerca di base, i meccanismi di trasmissione dei tumori infantili (trans placentare e trans generazionale), le possibili relazioni dei tumori con i metalli pesanti, con le diossine, con gli alimenti e con i connessi rischi degli additivi alimentari, con i pesticidi e, infine, con l’inquinamento dell’acqua, rappresentano il patrimonio e il contributo della ricerca sull’espansione dei tumori. Acciaierie, Centrali termoelettriche a carbone, inceneritori, traffico veicolare e un atteggiamento, a volte colpevolmente censorio, degli organi di vigilanza, controllo e regolamentazione, su conoscenze riguardanti sicuri cancerogeni, come l’amianto, il benzene, l’aspartame, il clorulo di vinile, i policlorobifenili e infine il cocktail di ormoni sintetici hanno, probabilmente, concorso molto nel generare la situazione in cui ci troviamo.Nel nostro Paese, non considerando il fattore invecchiamento, i tumori sono cresciuti sia per gli uomini sia per le donne. Il dato inquietante è rappresentato dall’aumento dei tumori tra bambini e adolescenti “fra zero e 14 anni si è registrato, nel nostro paese, nel periodo 1988-2002, un aumento medio percentuale annuo d’incidenza, per tutti i tumori, del 2%, quasi il doppio rispetto alla media europea che è dell’1.1%; nei primi 12 mesi di vita l’incremento annuo è addirittura del 3.2%! Fra le neoplasie (0-14 anni) in cui si registra il maggior incremento in Italia vs Europa vi sono i linfomi (+4.6% vs + 0.6%) e leucemie (+1.6% vs + 0.6%).
Tali andamenti, non spiegabili né con stili di vita, né con miglioramenti diagnostici, devono indurci a riflettere sul rischio rappresentato dalla crescente esposizione dell’infanzia ad agenti tossici, mutageni e cancerogeni presenti nel nostro habitat.” (fonte: dott.ssa Patrizia Gentilini su dati Pub-Med). Su Nature, di sei anni fa, Harper scrisse “Il nostro ecosistema è ormai un esperimento chimico biologico, in cui siamo contemporaneamente coloro che sperimentano e coloro che lo subiscono, solo il tempo dirà se questo esperimento è ben condotto, come noi speriamo”. Osserviamo che più di 300 anni fa un medico italiano, che insegnava nell’Università di Padova, Bernardino Ramazzini, nel suo lavoro “De morbis artificum diatriba“ presentava il primo studio sul rapporto tra cancro ed esposizioni agli inquinanti ambientali e alle sostanze tossiche.
Le prove, sulle cause del cancro, ancora oggi non trovano né risposte del legislatore (norme e risorse finanziarie) e nemmeno in ampi settori del mondo accademico, forse fin troppo ostaggio dei ricatti/ “cattura” di un’industria, dove probabilmente la vita dell’uomo rappresenta una “esternalità“, ma si ottennero già nel Congresso di Bruxelles del 1936. L’epidemiologa americana Devra Davis, nel suo “The secret History of the War of Cancer”, scrive che quel Congresso rappresentò “Un vero e proprio progetto Manhattan sul cancro”: la Davis ha creato il primo centro di cancerologia ambientale presso l’Università di Pittsburgh. In quel Congresso si comprese che la causa principale della crescita del cancro era l’esposizione agli agenti chimici. La guerra, scatenata dall’industria chimica, verso scienziati e ricercatori che conservavano la propria dignità professionale difendendo la salute pubblica, fu violenta e senza esclusione di colpi, impegnando grandi quantità di risorse.
Abbiamo più volte parlato su questa testata delle interferenze, omissioni, falsificazione di dati da parte di alcuni ricercatori e accademici, assoldati con il preciso fine di fine di delegittimare, smantellare, le ricerche che dimostravano la nocività e il rischio di una molecola chimica. A tutto questo si è recentemente aggiunto un dettagliato dossier di un medico inglese, che denuncia l’illusione che i cittadini si fanno intorno alla sicurezza e all’efficacia dei farmaci, basata su test imparziali e affidabili.
Nulla di tutto ciò! L’industria farmaceutica sarebbe afflitta da corruzione, e su scala globale il business dei farmaci è pari a 600 mld di dollari! Secondo il medico citato, i test clinici sui farmaci sono condotti su un numero ridotto di pazienti, poco rappresentativi e analizzati con metodi che esaltano solo gli effetti positivi. La legge consente all’industria farmaceutica di tenere nascosti i dati negativi, così ai medici arriva solo un’immagine alterata del medicinale. Infine i medici ricevono le informazioni sui farmaci da riviste scientifiche, di proprietà dell’industria farmaceutica, da rappresentanti e da corsi di aggiornamento tenuti da altri medici, pagati dalle aziende farmaceutiche stesse.
Il Rapporto attinge a eventi e a ricerche varie, e rivela la storia inquietante che riguarda statine, farmaci anticancro, pillole dietetiche, il famoso vaccino contro l’influenza aviaria e un antidepressivo come la paroxetina per adulti, prescritto anche ai bambini, e quando i test ne hanno dimostrato l’inefficacia e gli effetti collaterali, l’azienda produttrice ha omesso di comunicarne i risultati. Ancora una volta la legge della giungla trova scientifica applicazione in sistemi sociali in cui, ipocritamente, si parla di democrazie e di diritto, provocando una falcidia di vite umane nel nome di un presunto progresso, che maschera l’interesse meramente monetario di pochi spregiudicati affaristi che decidono le sorti del mondo.