Disegni e giochi, piccole scenette comiche e parole in libertà. Sono questi alcuni degli strumenti usati da quella particolare strategia di cura che è la ludoterapia. Questa forma terapeutica assume una rilevanza ulteriore quando a essere malati sono i più piccoli.
“La malattia cronica o complessa espone il bambino a una esperienza traumatica protratta nel tempo, che influenza e complica il suo percorso evolutivo. L’ospedalizzazione prolungata, i continui controlli clinici, le procedure, i protocolli terapeutici, i cambiamenti corporei, gli effetti collaterali e la brusca interruzione della normale routine quotidiana sono eventi che segnano il radicale cambiamento cui va incontro il bambino e che richiedono una fase di adattamento non solo del paziente, ma di tutto il nucleo familiare” premette la psicologa Patrizia Rubbini-Paglia,coordinatrice del Servizio Psicologico della Divisione di Oncologia pediatrica della Fondazione Policlinico Gemelli.
La situazione diventa ancor più complessa quando bisogna fare i conti con un tumore. “Di fronte alla diagnosi oncologica di un figlio – prosegue Paglia – la famiglia è costretta a cambiare l’assetto delle precedenti relazioni familiari per sostituirlo con un modello più adeguato a fronteggiare il pericolo che incombe. Il bambino, a sua volta, deve fronteggiare una metamorfosi non solo fisica e logistica (l’andare in ospedale), ma anche emotiva. In questo difficile scenario di malattia la ludoterapia (il disegno, il gioco e la drammatizzazione) diventa per il bambino il mezzo più agevole per raccontare ciò che sta vivendo, offrendo l’opportunità di far emergere ciò che non ha ancora superato. Così le esperienze più dolorose trovano un’adeguata elaborazione espressiva ed emotiva”.
“Soprattutto nel reparto di oncologia pediatrica – conclude la psicologa Alessia Pizzimenti, ludoterapista della onlus romana “Sale in Zucca”– la ludoterapia è una risorsa fondamentale, in quanto attività di gioco proposta da operatori appositamente formati ed integrati nel contesto di cura. Per gestire la complessità dell’intervento è necessaria una formazione di base, un tirocinio e soprattutto una supervisione continua attraverso un confronto diretto con il servizio psicologico in reparto e con un supervisore psicoterapeuta che aiuti i ludoterapisti ad elaborare i vissuti. Garantire professionalità e continuità relazionale è di fondamentale importanza per i bambini ricoverati”.
Ogni sessione ludica ha come obiettivo primario quello di far recuperare normalità ai bambini. Uno strumento è il gruppo: si gioca insieme nella sala giochi del reparto, uscendo dalle stanze di degenza, non per controlli medici. Per i bambini in situazioni di isolamento è prevista l’attività di gioco nella stanza di degenza, secondo le modalità indicate dagli oncologi. Il modello di lavoro messo a punto dalla Onlus “Sale in Zucca” deriva da un’esperienza svolta, grazie al bando di Roma Capitale “Sorridi in Ospedale”, presso l’oncologia pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma. “Fondi – chiosa con amarezza Pizzimenti – che al momento non sono stati rinnovati dall’amministrazione capitolina”.
ilsole24ore.com 13.10.16