Non è la priorità, per quei pazienti che in età infantile o nel corso dell’adolescenza si sono ritrovati ad affrontare il cancro. Ma nel valutare la risposta ai trattamenti, i medici devono considerare anche le ripercussioni sulla sfera della sessualità: sia in termini di capacità riproduttive sia di soddisfazione da parte del futuro adulto. Un giovane malato di cancro è un paziente più complesso, a cui occorre fornire risposte in termini di guarigione, ma pure di una prospettiva di vita che non risulti oltremodo condizionata dalla malattia. La sessualità è uno degli aspetti più indagati, perché dalle indagini condotte a posteriori emerge ancora un «delta» nel grado di soddisfazione che si rileva tra gli ex pazienti e i coetanei sani.
L’ultima conferma – oggi si celebra la giornata mondiale dedicata alla lotta ai tumori infantili: da diverse piazze italiane alle 11 saranno lanciati in cielo dei palloncini bianchi – giunge da uno studio pubblicato su «Cancer». I ricercatori dell’Università Statale dell’Ohio hanno chiesto a 144 giovani adulti sopravvissuti a un tumore in età infantile e ad altrettanti soggetti sani di rispondere a un questionario di gradimento sullo sviluppo degli organi sessuali, sulla soddisfazione nutrita nei confronti del rapporto di coppia e dei momenti di intimità vissuti col proprio partner.
I dati raccolti sono stati incrociati con quelli inseriti nelle cartelle cliniche dei pazienti, al fine di valutare le risposte abbinandole al grado di neurotossicità dei trattamenti farmacologici ricevuti. Diversi gli aspetti interessanti emersi. Gli ex pazienti hanno raccontato di aver avuto un minor numero di relazioni, fino a quel momento. A seconda delle terapie ricevute, inoltre, alcuni hanno segnalato un ridotto sviluppo degli organi sessuali: in particolare coloro i quali avevano superato un tumore cerebrale. A questo, però, non sempre è seguito un livello inferiore di soddisfazione. «Segno che le problematiche di natura psicosessuale sono estremamente soggettive e vanno affrontate tenendo in considerazione le esigenze del singolo paziente», afferma Vicky Lehmann, psicologa clinica e prima autrice della pubblicazione.
Le opportunità per preservare la fertilità
Lo sviluppo, in questo senso, prevede diverse tappe: l’età del primo rapporto, l’avvio di una relazione stabile, la possibilità di avere figli. Il tema della fertilità è di estrema attualità, quando si parla di malattie oncologiche che colpiscono i bambini e gli adolescenti.
Spesso sono gli stessi pazienti, se non troppo piccoli, a chiedere di essere informati fin dall’avvio del percorso terapeutico sui probabili effetti collaterali delle cure e sulle strategie non perdere la possibilità di diventare genitori. Su questo punto, dunque, occorre essere chiari. Le opportunità sono ridotte per la maggior parte delle persone ammalatesi prima della pubertà, sebbene oggi alcuni trattamenti permettano di preservare la salute riproduttiva. Senza dimenticare la possibilità di effettuare una biopsia del tessuto testicolare prima dell’inizio dei trattamenti.
Più in generale, comunque, le chance risultano di superiori se il cancro compare durante l’adolescenza. «La medicina in questo ambito ha fatto notevoli passi in avanti – afferma Valerio Cecinati, responsabile dell’unità operativa di ematologia e oncologia pediatrica all’ospedale civile di Pescara -. Per l’uomo le possibilità consistono nella conservazione del seme, mentre nella donna ci sono diverse opportunità: la crioconservazione di ovociti o di tessuto ovarico sono le opzioni maggiormente praticate. Lo specialista è tenuto a informare il giovane paziente di queste soluzioni, che permettono peraltro di condividere l’approccio terapeutico: basato come nell’adulto nella chirurgia, nella chemioterapie e nella radioterapia». Avere un figlio dopo il cancro è possibile, anche per chi ha combattuto la malattia da bambino o da adolescente.
Twitter @fabioditodaro
lastampa.it15.2.17