Una mostra nell’ambito del Progetto Giovani ideato e realizzato all’Istituto dei tumori di Milano. Bisogna occuparsi anche della vita, facendo entrare in ospedale la normalità di Vera Martinella Sefora, 18 anni, una delle pazienti della campagna Sefora, 18 anni, una delle pazienti della campagna shadow 839 1 Fotografie che raccontano paure e speranze, voglia di normalità e voglia di scappare: la personale ricerca della felicità di ragazzi che si sono ritrovati a dover fare i conti con il cancro. Una mostra in corso a Milano, come tutte le iniziative nate in seno al Progetto Giovani, utilizza la creatività come mezzo di espressione per questi pazienti speciali, che si sono lasciati andare nell’esternare le loro emozioni. «Il Progetto Giovani della Pediatria Oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano nasce nel 2011 ed è dedicato ai pazienti adolescenti – spiega Andrea Ferrari, oncologo pediatra all’INT e coordinatore dell’iniziativa -, con l’obiettivo di creare un nuovo modello organizzativo e con la sfida di occuparsi non solo della malattia, ma anche della vita dei ragazzi, facendo entrare in ospedale la loro normalità, creatività, forza e bellezza». L’intento era anche quello di creare, in un reparto sorto per curare i bambini, spazi e progetti che fossero di sostegno ai teenager colpiti in un momento molto delicato del processo di crescita.
Bisogna occuparsi anche della vita, facendo entrare in ospedale la normalità
di Vera Martinella
Fotografie che raccontano paure e speranze, voglia di normalità e voglia di scappare: la personale ricerca della felicità di ragazzi che si sono ritrovati a dover fare i conti con il cancro. Una mostra in corso a Milano, come tutte le iniziative nate in seno al Progetto Giovani, utilizza la creatività come mezzo di espressione per questi pazienti speciali, che si sono lasciati andare nell’esternare le loro emozioni. «Il Progetto Giovani della Pediatria Oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano nasce nel 2011 ed è dedicato ai pazienti adolescenti – spiega Andrea Ferrari, oncologo pediatra all’INT e coordinatore dell’iniziativa -, con l’obiettivo di creare un nuovo modello organizzativo e con la sfida di occuparsi non solo della malattia, ma anche della vita dei ragazzi, facendo entrare in ospedale la loro normalità, creatività, forza e bellezza». L’intento era anche quello di creare, in un reparto sorto per curare i bambini, spazi e progetti che fossero di sostegno ai teenager colpiti in un momento molto delicato del processo di crescita.
«È indispensabile riconoscere la complessità della gestione degli adolescenti malati – prosegue Ferrari -. Seguire loro (e i familiari) con un’equipe multi-specialistica, fare in modo che ricevano l’assistenza psico-sociale di cui hanno bisogno e offrire infrastrutture e servizi adeguati». Così è stato pensato un modello d’interazione con i ragazzi incentrato su progetti creativi e artistici (alcuni basati sulla musica, una collezione di moda, un corso di scrittura) che durano molti mesi, con incontri settimanali negli spazi in reparto dedicati ai giovani, organizzati in collaborazione con lo staff medico e psico-sociale e gestiti da professionisti. «Lo scopo fondamentale è offrire ai ragazzi in cura (e anche a chi ha terminato le terapie) degli strumenti di espressione dei sentimenti diversi, in aggiunta al colloquio medico o psicologico» conclude l’esperto.
Oltre 80 fotografie. Tutte scattate da 29 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 27 anni, i pazienti oncologici del Progetto Giovani dell’Istituto Nazionale dei Tumori (Int) di Milano, protagonisti della mostra organizzata al Padiglione di Arte Contemporanea (Pac) di via Palestro da Ri-scatti Onlus, l’associazione di volontariato milanese che realizza progetti di riscatto sociale attraverso la fotografia. L’esposizione è promossa dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s e le istantanee saranno messe in offerta, con parte del ricavato devoluto a favore della realizzazione di nuove iniziative nell’ambito del Progetto Giovani, sostenuto dall’Associazione Bianca Garavaglia Onlus all’interno del reparto di Pediatria dell’Int. La mostra, a cura di Chiara Oggioni Tiepolo, è in programma fino al 12 febbraio 2017, aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30, con ingresso libero.
Curarli è un vero rebus
Ogni anno si ammalano di tumore in Italia 1.800 bambini e 800 adolescenti. Le loro probabilità di guarigione sono intorno al 70 per cento, ma teenager e giovani adulti ai quali viene diagnosticato il cancro hanno minori speranze di farcela rispetto ai più piccoli. «Questo perché i ragazzi troppo spesso non accedono ai centri di eccellenza e non ricevono le cure più adeguate alla loro situazione – spiega Maura Massimino, responsabile della Pediatria Oncologica dell’Istituto Tumori milanese -. Eppure esistono protocolli di trattamento, di prima linea o di un’eventuale ricaduta, e uno degli obiettivi principali del Progetto Giovani è proprio quello di ottimizzare l’accesso dei teenager alle terapie idonee nel loro caso». Nonostante il fatto che due terzi dei tumori nella fascia 15-19 anni siano in realtà tipici dell’età infantile (tumori del sistema nervoso centrale, sarcomi, leucemie e linfomi), solo una minoranza di pazienti viene inviata ai centri di oncologia pediatrica. O, nel caso soffrano di un tumore tipico degli adulti, vengono presi in carica da specialisti.
Una «terra di nessuno»
«Succede, in pratica, che gli adolescenti si trovino in una “terra di nessuno” tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quello dell’adulto – aggiunge Andrea Ferrari – e non raggiungono il medico per loro più competente. A questo problema si somma poi spesso un ritardo nella diagnosi, perché i ragazzi trascurano i sintomi e quando avvisano i familiari e inizia l’iter dei controlli si perdono anche diversi mesi». Non meno importante, infine, è il dopo-cura, visto che oggi circa 7 adolescenti su 10 guariscono e possono aspirare a una vita normale, del tutto simile a quella di un coetaneo che non ha mai dovuto affrontare il cancro.«Ora che le guarigioni sono in costante aumento – conclude Massimino -, occorre conoscere sempre meglio gli effetti collaterali dei trattamenti per arrivare a individuare in tempo le possibili complicanze e provare a gestirle. O per prevenirle, ogni qual volta possibile, come nel caso della preservazione della fertilità, per garantire ai ragazzi la possibilità di diventare genitori se lo desidereranno».
6 febbraio 2017
corriere.it