PECHINO – Non avrebbe mai pensato che quei lunghi, interminabili mesi sdraiato su un letto d’ospedale gli sarebbero serviti a vincere l’oro olimpico. Maarten van der Weijden e’ un ragazzone alto piu’ di due metri, ha il sorriso mite e i capelli radi: e’ il primo campione della storia dei Giochi nella 10 km del nuoto in acque libere, ma e’ soprattutto un sopravvissuto. Nel 2001, quando aveva solo vent’anni, gli venne diagnosticata la leucemia: i medici in Olanda non gli avevano dato troppe speranze, ma quel giovane che sognava di diventare un campione non si e’ mai perso d’animo. E con la forza ritrovata dopo la chemio e un provvidenziale trapianto di cellule staminali, l’olandese ha avuto le spalle piu’ larghe degli avversari per farsi largo nel ring della maratona acquatica. ”Quando stai cosi’ tanto tempo in ospedale tu non pensi al mese dopo, ma all’ora successiva. Ed e’ la stessa strategia che ho usato in gara: ho avuto pazienza, sono rimasto nel gruppo, ho aspettato di potermi giocare al meglio la mia chance”, racconta guardando la medaglia preziosa che gli scende sul collo. E cosi’ ha fatto, beffando i favoriti del nuoto che fatica nell’esordio a cinque cerchi: l’inglese David Davies, che dalla vasca si e’ convertito al fondo proprio per strappare una medaglia, si deve accontentare dell’argento, uscendo dall’acqua sfinito al punto da dover essere portato via in barella. E il tedesco Thomas Lurz. Ai piedi del podio l’azzurro Valerio Cleri, che sperava di tornare a casa almeno con un bronzetto. Sotto il diluvio e la fitta cappa di umidita’ che ha accolto la prima 10 km olimpica al maschile (ieri c’era stato l’esordio delle donne), van der Weijden non ha avuto fretta. E’ rimasto li’, attaccato ai campioni convinti di essere i numeri uno della specialita’, non li ha mai persi di vista e alla fine ha tirato fuori la zampata vincente. ”Questa e’ la prova che si puo’ vincere la malattia, e anche vincere un oro” ha detto sorridendo. Il primo ad abbracciarlo, una volta fuori dal bacino di acqua a temperatura quasi termale, e’ stato un connazionale molto celebre: Pietre van den Hoogenbad, grande campione della piscina, che proprio nel Cubo pechinese ha annunciato l’addio.Maarten, nato a Eindhoven, cittadina famosa per il Psv e poco altro, studente di matematica, ha cominciato a nuotare a sette anni seguendo le orme della sorella Etta. Ma proprio quando stava per spiccare il volo, arriva la malattia: diagnosi che sembrava senza appello. L’olandese ha cominciato allora un’altra gara, contro il cancro del sangue. ”Sette anni e mezzo fa mi sono ammalato di leucemia – racconta oggi – Ho avuto la fortuna di salvarmi perche’ ha attecchito un trapianto di cellule staminali. Io sono grato a tutti quelli che hanno fatto delle donazioni per la ricerca contro il cancro. Senza di loro ora non sarei qui”. Ma non vuole paragoni con altri ‘malati celebri’. ”Io non
sono come Lance Armstrong – ha sempre detto, riferendosi al campione americano della bici che pure ha vinto la battaglia contro il tumore – Lui dice che lo hanno salvato pensare positivo e fare molto sport. Io non sono d’accordo. I medici hanno salvato me: sono stato fortunato che le cure abbiano avuto effetto”. Anche per questo il nuotatore olandese e’ impegnato affinche’ altri ragazzi possano guarire dal cancro: nel 2004 il suo record in acqua ha portato 50.000 euro nelle casse di un’organizzazione che aiuta i malati di cancro. ”Amo vivere, e questo oro lo dimostra” ripete. Il ragazzo che visse due volte, nell’acqua, in quell’allungo di settecento metri, si e’ andato a prendere un oro che sa di riscatto, ma soprattutto di vita.(dell’inviata Alessandra Rotili)
Dicembre 2024
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