Una nuova procedura sperimentale svelerà le caratteristiche molecolari del cancro
MILANO – È tutta italiana e si chiama PAT-ChIP la nuova arma nella lotta contro i tumori. I ricercatori dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, in stretta collaborazione con altri centri di ricerca oncologici milanesi, hanno messo a punto una tecnologia che permetterà di identificare, lavorando per la prima volta direttamente sulle biopsie dei pazienti oncologici, quelle modificazioni del Dna e delle proteine a esso associate note per avere un ruolo importante nello sviluppo tumorale. Il nuovo protocollo sperimentale, pubblicato su Pnas, potrà quindi essere di grande utilità a fini sia diagnostici, per l’identificazione di nuovi marcatori, sia prognostici, per prevedere l’esito dei trattamenti e definire nuove strategie curative.
NON SOLO GENI – Che il cancro sia causato da errori nella sequenza del Dna, che siano essi ereditari, casuali o dovuti ad agenti esterni come il fumo di sigaretta, è ormai cosa nota. Ma negli ultimi anni si è raggiunta la consapevolezza che a influire sullo sviluppo e sulla prognosi delle neoplasie non siano solo i geni, ma anche alcune modificazioni chimiche a carico della cromatina, ovvero quella struttura che il Dna forma avvolg osi intorno a proteine chiamate istoni. Non si può quindi parlare più solo di genetica dei tumori, ma anche di epigenetica (dal greco “sopra i geni”), ovvero di tutte quelle azioni che, modificando non la sequenza del Dna ma la struttura della cromatina, hanno un profondo impatto sulla normale espressione dei geni, attivandone alcuni e reprimendone altri, e causando così in alcuni casi quella crescita cellulare incontrollata tipica dei tumori. E, mentre le mutazioni genetiche sono irreversibili, lo stesso non si può dire per le alterazioni epigenetiche, che possono essere invece facilmente corrette grazie a trattamenti farmacologici pensati ad hoc, e già testati con successo su numerosi pazienti. Per contro, però, i ricercatori impegnati nello studio dell’epigenetica dei tumori si sono dovuti finora imbattere in un grande limite, ovvero quello di poter isolare la cromatina e analizzarne le alterazioni (tramite una procedura denomita ChIP, dall’inglese chromatin immuniprecipitation) solo lavorando con cellule coltivate in laboratorio, e non potendo invece utilizzare per problemi di natura sperimentale le biopsie di pazienti. Con la messa a punto di una variante di questa tecnica, denominata appunto PAT-ChIP (pathology tissue–ChIP), gli studiosi marchigiani, in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto europeo di oncologia di Milano e della Fondazione Istituto FIRC di oncologia molecolare, guidati da Pier Giuseppe Pelicci e Saverio Minucci, sono stati in grado di abbattere questo ostacolo tecnico, aprendo nuove strade alla ricerca epigenetica.
UNA RIVINCITA – Esistono in Italia numerosi archivi ospedalieri contenenti tutti quei campioni di tessuto prelevati dai pazienti oncologici per la diagnosi tumorale e il cui destino sarà, nella maggior parte dei casi, di essere prima o poi eliminati. Grazie alla messa a punto della PAT-ChIP, ora quei reperti acquistano un nuovo valore dal momento che potranno essere utilizzati dai ricercatori per studiare le caratteristiche epigenetiche dei singoli pazienti, anche a distanza di molti anni dalla biopsia. In questo modo sarà possibile ricostruire la loro storia clinica, scoprendo retrospettivamente le caratteristiche molecolari della malattia e mettendole in relazione con le terapie seguite e i risultati ottenuti. «Ci piace considerarla come un’opportunità di rivincita che stiamo dando a tutti coloro che hanno purtroppo perso la loro battaglia contro il cancro – racconta Mirco Fanelli, autore della ricerca -. Ma non solo. Vorremmo offrire questa chance anche a tutti i pazienti che si trovano, e si troveranno, a dover combattere la malattia – continua il ricercatore, responsabile del laboratorio di patologia e oncologia molecolare “PaoLa”, a Urbino -. Prendiamo il caso di uno dei tumori maggiormente studiati, il cancro della mammella. Dal punto di vista epigenetico, sono noti due tipi di carcinoma mammario, che rispondono in maniera totalmente diversa alle terapie. Sapere in anticipo, grazie all’analisi della cromatina di questi pazienti, contro quale dei due tipi di carcinoma dobbiamo combattere, ci permetterà di indirizzare il paziente verso il trattamento più efficace, senza inutili, e a volte anche fatali, perdite di tempo» conclude Fanelli.
Lisa Trisciuoglio
18 gennaio 2011