Successi raggiunti dal progetto Hucare sull’umanizzazione delle cure in oncologia.
MILANO – Le statistiche più recenti lo hanno dimostrato: un malato di tumore su tre soffre di ansia o di depressione, influenzando negativamente le sue capacità di affrontare l’iter terapeutico. E le conseguenze della malattia hanno un impatto considerevole anche sulla vita e sulla psiche dei familiari, costretti a districarsi fra l’assistenza ospedaliera e i numerosi impegni della vita «normale»: lavoro, gestione della casa, cura dei figli o dei parenti anziani. Cosa si può fare per alleviare le difficoltà di quelle 300mila persone colpite ogni anno dal cancro in Italia? «Umanizzare gli ospedali con una serie di interventi mirati a dare supporto psicologico e sociale» risponde Rodolfo Passalacqua, responsabile dell’oncologia all’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona e del progetto HUCARE (HUmanization of CAncer caRE), che negli ultimi quattro anni ha coinvolto 29 strutture e oltre 700 professionisti con l’obiettivo di migliorare le condizioni di chi si ritrova in un reparto oncologico.
5 PASSI VERSO UN UNICO OBIETTIVO: FAR STAR MEGLIO I PAZIENTI – Dei 29 centri che dal 2008 a settembre 2011 hanno partecipato all’iniziativa (finanziata da Ministero della Salute e Regione Lombardia, con il contributo di Novartis) solo 25 – di cui ben 22 lombardi – hanno raggiunto almeno tre di questi obiettivi e sono stati premiati con un attestato. Il progetto ha individuato cinque aree di intervento: corsi di formazione alla comunicazione per tutto il personale (medici e infermieri); applicazione sistematica di un percorso informativo e di supporto per i tutti i nuovi pazienti; utilizzo di una lista di “domande-chiave” che i malati possono rivolgere all’oncologo perché dispongano delle informazioni necessarie sulla neoplasia e sulle migliori terapie disponibili; presenza di un “infermiere di riferimento” dedicato ad ogni nuovo malato che inizia una trattamento; rilevazione dello stato di ansia e depressione per tutti i malati grazie a un questionario ed eventuale consulenza psicologica (se indicata). «Medici e infermieri – prosegue Passalacqua – hanno seguito un corso di alta formazione per migliorare le competenze comunicative. Siamo riusciti a ridurre significativamente il disagio psichico grave grazie a un percorso strutturato che permette di individuarlo tempestivamente. Cambia completamente il modo in cui i pazienti vengono accolti in reparto».
DARE LE RISPOSTE ALLE DOMANDE DEI MALATI – In pratica, in ogni struttura è ora presente uno psicologo a cui vengono indirizzati i malati colpiti da ansia e depressione, diagnosticate con uno screening specifico. Ad ogni paziente è assegnato un infermiere di riferimento che lo assiste nelle varie fasi della terapia fornendogli informazioni dettagliate. Ed è istituito il Punto di Informazione e Supporto (PIS), gestito da personale infermieristico appositamente formato, dotato di una biblioteca per pazienti con materiale informativo specifico in diversi formati (cartaceo e video), con accesso a internet e a banche dati. «Sono molto pochi, meno di un terzo, i malati che riconoscono di avere problemi e chiedono aiuto allo psicologo. E’ quindi importante che il loro status psicologico venga monitorato di routine, come si fa con la pressione sanguigna, per poter intervenire se necessario» sottolinea Claudia Borreani, responsabile della psiconcologia all’Istituto tumori di Milano. E’ anche fondamentale, però, che i malati rompano il silenzio e imparino a chiedere ciò di cui hanno bisogno. Non è facile trovare ascolto, tempo, privacy e risposte in una corsia d’ospedale, fra mille urgenze e impegni che affollano le giornate dei medici, ma avere un infermiere di riferimento è certo una buona soluzione. «Visti gli ottimi risultati raggiunti HUCARE è un modello studiato con attenzione anche a livello europeo e speriamo di poter allargare velocemente l’iniziativa su tutto il territorio nazionale. Per ora sono già più di 30 i centri che ne hanno fatto richiesta» conclude Carmine Pinto, consigliere nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica.
http://www.corriere.it/ – Vera Martinella (Fondazione Veronesi)