"Toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne" – Ezechiele
Il giallo delle mimose che stanno sbocciando mi riempie gli occhi, mentre passeggio nel parco di Villa Lante… E il bianco delle margherite, l’arancione dei mandarini, delle arance, l’argento delle agavi, delle palme, dei fichi d’india, trasfigurato dalla luce intensa di questo sabato incredibilmente primaverile, dopo tanti giorni di pioggia… Il luccichio dell’acqua nella fontana che ne illumina le pareti scure, di pietra grezza, con bagliori guizzanti, come comete improvvise nella notte… Il verde smeraldo di piccoli pappagalli che scopro sul ramo di un albero… Che sorpresa! Mi ricordano quelli della mia adorata nonna Ada… Cerco di fotografarli, ma il rumore li fa volare via, liberi, nell’azzurro… Sorrido immaginando il sorriso dei nostri bambini, quando li vedranno, al loro stupore, alle bocche spalancate, agli occhi sgranati, alle esclamazioni di gioia… Li sento risuonare nel mio cuore, insieme ai canti degli uccelli, al suono struggente del pianoforte di Amalia, alle voci delle orfanelle che trovarono casa qui, dopo l’epidemia di colera del 1842 e hanno corso e riso e giocato e fantasticato su questi sentieri, su questi prati… Quante persone sono passate in questa Villa… Quante vite… Mi sembra di ascoltare tante voci… Di passionali conti, di principi, cardinali, mercanti… Di soldati e avventurieri che urlano, cercando fantasmagorici tesori… Di sfollati, vestiti di stracci, rimasti senza casa per i bombardamenti, che invocano il pane… Di una Santa e di un Papa che conversano amabilmente seduti su una panchina… Dell’eroe dei due mondi, dalla mitica, rossa camicia… Di ragazze che si sono innamorate dell’Amore e hanno scelto di seguirlo, ardenti di ideali, di sogni… Ho avuto il privilegio di incontrare tre di queste bellissime ragazze dai capelli imbiancati che mi hanno raccontato la straordinaria storia di questa Villa che ora io racconterò a voi.
La prima che vedo è Luciana. Mi piace all’istante. La sua stretta di mano, forte e sicura, è inequivocabile, così come il suo sguardo, diretto, limpido, intelligente, i suoi modi semplici, essenziali, di chi non ama inutili orpelli perché conosce la preziosità del tempo che ci è dato… Lo ha imparato facendo il medico nel reparto di medicina generale di un ospedale vicino a Torino, dove ha lavorato per quindici anni? Durante l’intervista è quella che parla meno, tuttavia, quando interviene, è sempre per arrivare al cuore dell’argomento che stiamo trattando… E’ per questa ragione che è stata scelta come responsabile provinciale delle Religiose del Sacro Cuore? E la parola cuore, che è già tornata tre volte in queste poche righe, scritte di getto, sarà la chiave di queste pagine? Il filo d’oro che mi guiderà al magnifico "oltre" che non mi stanco mai di cercare? La seconda che ci raggiunge è Amalia, ragazza di 81 anni, vivace, aperta, curiosa, entusiasta. La sua contagiosa allegria mi invade, mentre rivela, con accattivante accento napoletano, di essere compositrice, musicista, figlia di musicisti, di avere insegnato con passione per quarant’anni, di essere sempre riuscita a "scatenare le compagnie", mettendosi al pianoforte, suonando le canzoni in voga… "Lisa dagli occhi blu" fu il cavallo di battaglia di tante settimane bianche… Il suo eloquio seduttore viene interrotto dall’arrivo di Mary, 76 anni, alta e imponente, autorevole, lo sguardo acuto e penetrante. Argentina di Buenos Aires, quattro nonni di nazionalità diverse, ha girato il mondo, vivendo in molte Missioni: Cile, Uruguay, Canada, Stati Uniti, Uganda… E’ biologa. Si infervora, gli occhi le brillano, quando mi spiega di avere dovuto cominciare a studiare di nuovo, dopo la laurea, per le emozionanti scoperte che avvenivano in quegli anni: l’ecologia, l’evoluzione, il microscopio elettronico, il DNA… Adora imparare cose nuove… Usa il computer, conosce tutti i segreti della tecnologia che utilizza per mettere ordine nell’imponente archivio della Congregazione del Sacro Cuore… Sono frastornata, vagamente allibita, attonita… Dopo soli dieci minuti di intervista, tutti i miei scontati, stupidi stereotipi sulle suore sono caduti miseramente… Rimarrei a ascoltare le nostre tre bellissime ragazze dai capelli imbiancati, per giorni e giorni…
Da dove viene la luce che le illumina? Che trasfigura i loro volti, rendendoli giovani e freschi d’una giovinezza e una freschezza che mi commuovono… Come se il tempo non esistesse… Proprio come il verde delle agavi, delle palme, dei fichi d’India che diventa argento splendente sotto la luce intensa del sole… Oh, quante domande nascono nel mio cuore… Nel mio cuore… Di nuovo questa parola…
Mi fa male la testa. L’emozione mi gioca sempre questo scherzo… Devo tentare di riprendere il filo, di tornare alla storia di Villa Lante, altrimenti, poi, cosa scriverò? Chiedo timidamente di raccontarmela. Dunque, la Villa si trovava in una immensa proprietà che si estendeva sino al Gianicolo, a Porta San Pancrazio, alla Quercia del Tasso, a Villa Pamphili e era del conte Lante che la utilizzava come "Padiglione di Caccia", anche se, dagli sguardi e dai teneri sottintesi delle nostre tre amiche, comprendo che fosse piuttosto il luogo in cui venivano vissute le focose passioni del conte… Che dovettero trovare altre sedi, visto che i Lante, passandosela male, furono costretti a venderla ai principi Borghese. La Villa fu affittata al principe Torlonia che portò lì tutto il suo tabacco e, siccome era furbo, mise in giro la voce che il luogo fosse pieno di Spiriti, per allontanare la polizia e dissuadere i curiosi che avessero la tentazione di gironzolare da quelle parti… Almeno, questa è l’interpretazione di Mary che mi fa ridere di cuore, mentre la ascolto, trattenendo il fiato, come quando ero bambina e la nonna Ada mi raccontava fiabe piene di colpi di scena… Anche le nostre tre ragazze ridono, di un riso cristallino, bianchissimo, purissimo, che m’incanta… Da dove viene il suo chiarore? Rischio di perdere di nuovo il filo… Ma forse è bello così, forse è proprio nella meraviglia, che ho provato durante l’intervista, l’oltre che scopriremo, che scoprirò… Dunque, allora, torniamo alla nostra storia. Anche i Borghese decisero di vendere perché avevano troppe proprietà e non potevano seguirle. Era l’occasione propizia che aspettava Santa Maddalena Sofia Barat, francese della Borgogna, figlia di un bottaio, fondatrice, all’inizio del 1800, della Congregazione del Sacro Cuore, icona per eccellenza dell’Amore, della Misericordia, della Compassione, dell’approssimarsi di Dio all’umanità. Donna speciale – raffigurata in una grande statua addirittura nella navata centrale di San Pietro – intelligente, volitiva, contemplativa, eppure pratica, modernissima, Santa Maddalena Sofia, avendo amato sin da bambina la lettura e lo studio, comprese la forza propulsiva della cultura e, di conseguenza, della formazione, per aprire nuove prospettive intellettuali all’universo femminile, sino a quel momento relegato unicamente al focolare domestico. La Congregazione da lei fondata ha grande successo, si espande in molti Paesi. La Santa Madre sentiva l’importanza di un noviziato romano, in cui le Religiose del Sacro Cuore venissero a studiare dai cinque Continenti, in una nuova, bellissima Pentecoste, all’ombra della Cattedra di Pietro, di una Chiesa Universale che abbracciasse tutto il mondo e non rimanesse nazionalista, chiusa in un orizzonte ristretto. Questa è la ragione per cui cerca una grande casa a Roma. Ne parla al cardinale Odescalchi che la indirizza al Villino in cima al Gianicolo, oggi Istituto Finlandese. Mentre le due consorelle che la accompagnano pregano di fronte all’immagine della Madonna Addolorata, la Santa Madre, delusa dalle piccole dimensioni del Villino, si affaccia alle finestre e vede la Villa, molto più grande, molto più bella… Il cuore le batte forte… Pensa: "Quella, quella è la casa che fa per noi!" Sogna… Non teme di sognare… Sa che i sogni sognati con cuore puro, si realizzano… Al momento opportuno l’aiuto è sempre arrivato… Arriverà anche questa volta… Tuttavia non bisogna aspettare con le mani in mano, ma compiere tutto quello che è nelle nostre possibilità… Detto, fatto. Il sogno diventa realtà in brevissimo tempo.
Forse perché era nata in quel di Borgogna, la frase di Gesù che Santa Maddalena Sofia preferisce è: "Io sono la vite, voi i tralci, chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto…" Fu naturale piantare una vigna a Villa Lante e, nel 1843, costruire la prima chiesa di Roma dedicata al Sacro Cuore, in stile neogotico, con straordinarie vetrate dai colori dell’arcobaleno. Santa Maddalena Sofia meritò la stima e l’amicizia dei Papi, in particolare quella di Pio IX che andava spesso a farle visita.
Una volta arrivò all’improvviso, facendo una lunga passeggiata a piedi, dal Vaticano. La Santa Madre si trovava nell’altra Casa di Santa Ruffina. Mandarono qualcuno a cercarla. Arrivò di corsa, trafelata, con il fiatone.
Il Papa disse con tenerezza: "Portate una sedia, è meglio che si riposi… Intanto io vado a salutare le orfanelle…" Il giorno dopo inviò in dono una panchina del giardino Vaticano, su cui in seguito usavano sedersi a conversare amabilmente.
Ma Villa Lante ha attraversato anche momenti meno idilliaci… Ad esempio quando Garibaldi decise di farne il suo quartier generale. All’intimazione di aprire la porta della Villa, le suore risposero ardite, con stupefacente coraggio: "No, non apriamo!", ma alla vista improvvisa del Nero – grande, immenso, una vera montagna – l’inseparabile compagno di tante avventure che Garibaldi aveva portato con sé dall’Uruguay, cambiarono subitaneamente idea, spalancarono la porta e dovettero rassegnarsi a abbandonare la Villa, avventurandosi verso la casa di Trinità dei Monti, tra incredibili vicissitudini, come è raccontato con grande vivacità nel diario che tenevano giornalmente. Villa Lante venne spogliata e depredata. Scavarono persino nel cimitero, senza alcun rispetto, nel tentativo di trovare il fantasmagorico tesoro delle suore, che non esisteva, mentre si fecero sfuggire da sotto il naso gli argenti e gli ori della Sacrestia del cardinal Lambruschini, protettore della Congregazione, che erano stati murati e portati fuori attraverso l’intercapedine delle corde delle campane. Quando finalmente Garibaldi se ne andò, arrivarono fiumi di persone sofferenti, rimaste senza casa, senza vestiti, senza niente, che invocavano il pane… Furono momenti difficili… Ve ne furono tanti altri… Ma al momento opportuno l’aiuto è sempre arrivato… Negli anni gli edifici si sono ampliati per fare posto a un’infinità di iniziative nate dalla generosità di un Cuore che arde d’Amore, in cui ha trovato posto anche la nuova grande casa di Peter Pan…
Oh, se solo riuscissimo a spegnere per un momento il chiasso del mondo… A fare silenzio, un silenzio autentico… A ascoltare i battiti del nostro cuore… Allora, forse, sentiremmo la luce e il calore che sono nel profondo di noi… Chi ama è giovane e bello, il suo riso ha il chiarore della prima stella del mattino.