“La paura e la vergogna sono un dolore che ho sentito per tutta la durata dei miei studi, ma dolore è anche quello del professore che non riesce a trasmettere niente ai suoi alunni, e per questo si sente ferito nella sua identità”.
Diario di scuola affronta il grande tema della scuola dal punto di vista degli alunni. In verità dicendo “alunni” si dice qualcosa di troppo vago: qui è in gioco il punto di vista degli “sfaticati”, dei “fannulloni”, degli “scavezzacollo”, dei “cattivi soggetti”, insomma di quelli che vanno male a scuola. Pennac, ex somaro lui stesso, studia questa figura popolare e ampiamente diffusa dandogli nobiltà, restituendogli anche il peso d’angoscia e di dolore che gli appartiene. Il libro mescola ricordi autobiografici e riflessioni sulla pedagogia, sulle universali disfunzioni dell’istituto scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla devastazione introdotta dal giovanilismo, sul ruolo della televisione e di tutte le declinazioni dei media contemporanei. La lettura di questo libro si fonde con le esperienze personali di ciascun lettore, portandolo a varie considerazioni sull’argomento scuola: dalle figure che uno studente può interpretare, ai consigli per i genitori a non considerarle definitive, a sperare sempre che il somaro, in un modo o in un altro riuscirà a trovare la sua strada. Lo scrittore ha messo, poi, l’accento soprattutto sulla lentezza del processo di apprendimento, che oggi si scontra con i ritmi veloci a cui sono oggi sottoposti i ragazzi. “Ma è necessario ricordare che anche se sono bombardati dalle informazioni, per loro la scuola resta sempre un’ossessione”. E il terzo trimestre, come si legge anche sulla quarta di copertina del suo libro, sarà decisivo!