PAVIA – A cinque anni dall’inaugurazione del centro Cnao di Pavia presentati i dati preliminari sull’efficacia di questa particolare forma di radioterapia in alcuni tumori. Ad oggi più di 800 pazienti trattati in Italia. Ora si parte anche con il pancreas
di Vera Martinella
Il Cnao, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, di Pavia compie cinque anni. Alla sua nascita le speranze dei pazienti e le aspettative della comunità scientifica erano elevate, soprattutto perché questa particolare forma di radiazioni è utile per trattare i tumori non operabili e resistenti ai tradizionali trattamenti radioterapici. Ad oggi sono oltre 800 i pazienti curati al Cnao e, pur considerando che il periodo di osservazione dei malati è ancora breve, l’adroterapia si è rilevata efficace nel contrastare e fermare la malattia in percentuali comprese tra il 70 e il 90 per cento dei casi a seconda delle tipologie di cancro trattate.
Come funzionano gli «adroni»
Il Cnao è uno dei cinque centri al mondo, l’unico in Italia, in grado di effettuare l’adroterapia con protoni e ioni carbonio. L’adroterapia è una tecnica oncologica innovativa che prevede l’utilizzo di fasci di particelle, protoni e ioni carbonio (particelle atomiche, dette «adroni» più pesanti e dotate di maggiore energia degli elettroni e quindi più precise ed efficaci), che colpiscono in modo mirato e preciso le cellule tumorali, preservando i tessuti sani. In questo modo l’adroterapia permette di somministrare dosi più intense di radiazioni aumentando le possibilità di successo del trattamento in pazienti con determinate caratteristiche. Questa tecnica, infatti, non è sostitutiva della radioterapia, con cui oggi è trattata circa la metà dei malati oncologici, ma è necessaria nei casi in cui la tradizionale radioterapia ai raggi X si rivela inefficace. Oppure viene utilizzata per curare i tumori non operabili perché troppo vicini a organi o tessuti sensibili come, occhi, nervi, cervello o intestino, che devono essere preservati dagli effetti collaterali delle radiazioni.
Nei giorni scorsi sono stati presentati i risultati clinici dei primi cinque anni di attività in cui sono stati trattati 828 pazienti. Oggi sono 23 i protocolli clinici in cui è indicato l’utilizzo di questa terapia contro differenti forme di cancro, sempre resistenti alla radioterapia tradizionale e non operabili chirurgicamente. I primi dati disponibili riguardano i tumori per i quali è stato trattato il maggior numero di pazienti, ma bisogna considerare che il periodo di osservazione dopo le cure è ancora molto breve (1-5 anni) e che i malati stanno ancora effettuando visite di controllo periodiche per monitorare le loro condizioni di salute.Per quanto riguarda i cordomi e condrosarcomi della base cranica, resistenti alla radioterapia ai raggi X e difficilmente operabili in modo radicale, sono stati trattati 120 pazienti e l’adroterapia si è rivelata efficace nel fermare la malattia nel 90 per cento dei casi. Cnao inoltre ha trattato 84 pazienti colpiti da tumori adenoidocistici delle ghiandole salivari, patologie contro cui radio e chemioterapia hanno scarsa efficacia: nell’80 per cento dei casi il tumore è stato fermato. Buoni risultati sono stati raggiunti anche nel 75 per cento dei 36 pazienti curati per cordomi sacrali, mentre serve più tempo per valutare gli effetti del trattamento sul numero (ancora esiguo) di neoplasie di prostata, fegato e retto.
Pronti a partire con la cura su tumori di pancreas, occhio e su particolari forme pediatriche
Prossima a partire sarà l’adroterapia contro il cancro al pancreas che, secondo gli esiti di trial internazionali, potrebbe rivelarsi di gran lunga migliore rispetto alla radioterapia standard. E’ stato osservato inoltre che, grazie alla sua precisione, questa terapia presenta minimi effetti collaterali ed è ben tollerata dall’organismo. Per questo motivo, Cnao sta già utilizzando gli adroni anche sui tumori pediatrici e la applicherà a breve ad altre patologie che toccano aree delicate, come i melanomi oculari. In particolare, per quanto riguarda i 3 piccoli pazienti pediatrici (colpiti da rabdomiosarcoma dell’orbita, recidiva da medulloblastoma cerebrale e cordoma della base cranica) è stata impiegata la formula delle «cure compassionevoli», che si utilizza in caso di farmaci o terapie in sperimentazione non ancora approvati dalle autorità sanitarie, che quindi vengono somministrati al di fuori degli studi clinici nei casi in cui si ritiene che i malati (per i quali non esistono altre soluzioni) potrebbero trarne beneficio, ma che non hanno i requisiti necessari per accedere ad uno studio sperimentale.
corriere.it 29.4.16