Presentata al ministero della Salute la proposta di riorganizzazione dei centri, con l’obiettivo di assicurare assistenza più omogenea a bambini e adolescenti
«Garantire ovunque un migliore accesso alle cure ai bambini e agli adolescenti con tumore». È la parola d’ordine lanciata in occasione della XIV Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile, celebrata il 15 febbraio 2016. In Italia, pur con alcune differenze tra Nord e Sud, la situazione è abbastanza incoraggiante. Esiste infatti una rete di 54 centri di Oncoematologia Pediatrica, riconosciuti dall’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop), che condivide i protocolli di cura internazionali più efficaci e le terapie più innovative. Tuttavia, gli specialisti e le stesse famiglie dei pazienti concordano sulla necessità di compiere un ulteriore salto di qualità. «Si impone una rivisitazione del nostro modello, per assicurare standard di cura omogenei e adeguati per i nostri bambini e adolescenti», spiega Franca Fagioli, direttore dell’Oncoematologia pediatrica all’Ospedale infantile Regina Margherita- Città della Salute di Torino e presidente di Aieop.
Le linee guida
La società scientifica ha analizzato la rete e il suo funzionamento, riscontrando diverse criticità. E ha preparato una proposta di riorganizzazione, oggi sul tavolo della Direzione generale Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute i cui responsabili , dopo un incontro con Aieop e Fondazione Umberto Veronesi, hanno manifestato interesse verso il tema ed espresso l’intenzione di avviare un tavolo di lavoro per approfondire il piano e capire come portarlo avanti in collaborazione.
La proposta di Aieop ricalca il modello della rete del Piemonte. Si tratta di un’organizzazione, hub and spoke, cioè a “mozzo e raggio di una ruota”: prevede uno o più centri di riferimento per le patologie più complesse e ospedali periferici fortemente integrati con i primi. L’organizzazione va poi modulata a seconda delle dimensioni del territorio. Pur non riducendo il numero complessivo, sono stati così identificati 19 centri hub e altri 35 organizzati tra spoke di primo e di secondo livello. Nei centri di riferimento viene fatta la diagnosi e impostato il protocollo terapeutico del paziente. Negli spoke di secondo livello sono eseguiti anche alcuni cicli di chemioterapia, con precise istruzioni operative. In tutti gli altri spoke di primo livello si fa il supporto di base e sono seguiti bambini anche in fase avanzata di malattia e nel follow up. Tutti i protocolli di diagnosi e cura, come tutti gli studi clinici, devono partire dal centro di riferimento e sono validati nelle altre strutture.
L’importanza dei centri
«Ogni centro deve avere il suo compito e ognuno deve dichiarare esattamente quello che è in grado di fare – aggiunge la presidente di Aieop -. Ovvio che poi occorre verificare se questa autocertificazione è conforme agli standard che chiediamo per il trattamento sul paziente». Secondo Angelo Ricci, presidente della Federazione italiana delle associazioni genitori oncoematologia pediatrica (FIAGOP) «il nuovo sistema è importante per noi genitori perché ci permetterà di curare al meglio i bambini e gli adolescenti malati, inviandoli nei centri dove esiste una maggiore competenza, soprattutto per alcune malattie che hanno più bisogno di un’attenzione particolare». Senza dimenticare l’importanza dello sviluppo di nuovi farmaci, fondamentali per garantire la sopravvivenza e una buona qualità di vita ai pazienti, tema centrale del recente convegno nazionale organizzato da FIAGOP a Palermo.
corriere.it 15.02.2016