Nuovi dati dicono che la mortalità infantile in Campania sarebbe pari al resto d’Italia. Ma i roghi di rifiuti in cinque anni si sono dimezzati, non spenti.
La notizia arriva in giorni in cui l’Italia, ancora commossa e indignata, ricorda il vigliacco attentato in cui furono trucidati Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti di scorta. Dopo 25 anni il dibattito su mafia e politica continua a lacerare e dividere gli italiani. Don Ciotti a Palermo, parlando ai ragazzi ha detto che in Italia «c’è un male anzi una peste – chiamata corruzione. E corruzione vuol dire che tra crimine organizzato, crimine politico e crimine economico è sempre più difficile distinguere».
Senza coperture e appoggi politici la mafia avrebbe avuto vita breve. Dolorosa è la constatazione che spesse volte le vittime corrono il rischio di passare per carnefici. «Voi dove stavate? », è la domanda che ci viene rivolta in ogni città d’Italia. Dove stavate quando migliaia di tir attraversavano la Penisola per venire a scaricare i veleni delle industrie del Nord Italia in Campania? Dove stavate quando la camorra dettava legge alle amministrazioni locali e faceva affari milionari con intrallazzatori, faccendieri, industriali senza scrupoli? Dove stavate quando politica, imprenditoria e camorra andavano a braccetto come amanti innamorati? Domande da fare, sì, ma alle legittime autorità.
La situazione ambientale nelle province di Napoli e Caserta si era fatta insopportabile. Le campagne dell’Agro Aversano erano un immondezzaio a cielo aperto. Le discariche per rifiuti urbani traboccavano di scarti industriali di ogni tipo. Oltre a interrarli, i rifiuti, li bruciavano. Roghi dappertutto. Rifiuti ovunque. La amministrazioni locali, interpellate, non facevano che lamentare mancanza di fondi, di personale, di competenze. Un penoso, insopportabile scaricabarile.
Non c’erano telecamere, pochi i vigili urbani e senza personale qualificato. L’Italia non aveva nemmeno una legge che permettesse ai magistrati di sbattere in galera gli ecocriminali che si arricchiavano a dismisura. Furono i cittadini ad alzare la voce. Loro, e solamente loro, denunciarono lo scempio in atto. Loro, e solamente, loro si organizzarono per chiedere alle autorità competenti di fare il proprio dovere. Che corressero rischi di ogni tipo lo sapevano bene. Ciò che è accaduto in questi anni è storia. Una storia bella. Bella perché nata dalla disperazione di un popolo abbandonato e stanco. Bella perché fatta di solidarietà, di ingenua spontaneità. Bella perché capace di dialogare con istituzioni e camorristi pentiti, medici e rappresentanti della Chiesa.
La gente respirava fetori amari, vedeva rifiuti ovunque, seguiva i processi di coloro che erano ritenuti responsabili dello scempio. Scendeva in strada. Ventimila, cinquantamila, centomila persone. Un vero fiume in piena. Le morti per cancro e leucemie andavano falcidiando le nostre famiglie. Che cosa stava mai accadendo? Il popolo chiedeva, le autorità tacevano.
Martedì scorso, finalmente, sono arrivati i primi risultati di una indagine sulla mortalità infantile in Campania. I dati dovrebbero rallegrare i cuori. In Campania i nostri bambini si ammalano e muoiono come nel resto d’Italia, quindi nessuna preoccupazione per la ‘terra dei fuochi’. Grazie a Dio, verrebbe da dire, ci siamo solo impressionati. Eppure i conti non tornano. Le cose non stanno così.
La verità è che in 20 anni l’incidenza dei tumori nei nostri bambini campani è cresciuta il doppio della pur drammatica crescita italiana, che pone ormai il nostro tra i Paesi del mondo a maggior carico di tumori pediatrici. E non certo per cattivi stili di vita individuali. Nel 1993, infatti, in Campania si registrava circa il 23% in meno di tumori pediatrici rispetto al dato nazionale. Oggi solo il 3%. Quindi, non è affatto vero che possiamo metterci il cuore in pace e tirare a campare perché tanto si muore dappertutto.
È facile, comodo, ma terribilmente inopportuno e irresponsabile far calare, con la complicità del tempo, un velo pietoso su ciò che è accaduto e ancora accade in Campania. I pentiti della camorra, le indagini, le migliaia di pagine degli atti processuali, ci hanno detto chiaramente come sono andate le cose. Lo stesso ex premier Matteo Renzi, a Caserta, ha ammesso che anche dalle concerie toscane erano arrivati i veleni in Campania. Mentre il governatore Vincenzo De Luca, riguardo alle fabbriche campane che lavorano in regime di evasione fiscale e, quindi, sono all’origine di tanti roghi tossici di rifiuti industriali che non devono risultare, diceva che «con tanta disoccupazione in giro» intervenire è un problema.
Purtroppo la maggior parte dei criminali che hanno inquinato il territorio sono ritornati serenamente a casa non perché non avessero commesso il fatto, ma perché erano scaduti i termini. La famosa e comodissima prescrizione per noi è stata una mannaia sulla speranza di giustizia. La storia della terra dei fuochi e le eventuali conseguenze anche sul piano sanitario sono tutt’altro che conclusi. L’attuale commissario, Michele Campanaro, ha affermato che i roghi in questi ultimi cinque anni sono stati dimezzati. Dimezzati appunto, non spenti. Dimezzati grazie al lavoro dei volontari e del dottor Donato Cafagna, inviato in Campania dall’allora ministro Annamaria Cancellieri, proprio per rispondere ad attese e proteste dei cittadini. Dimezzati grazie all’ informazione puntuale e seria che ne ha dato una parte della stampa e più di tutti ‘Avvenire’. Unicuique suum.
Grande rispetto per le istituzioni, per i ruoli, per la politica quando è onesta. Resta, assillante e terribile, la domanda: perché mai in un territorio a vocazione agricola, privo di industrie, i tumori infantili stanno galoppando a una velocità di crescita doppia rispetto a quella italiana?
Maurizio Patriciello
avvenire.it 25.5.17