Un pomeriggio mi trovavo in libreria e, come spesso mi accade, ho passato diverse ore tra gli scaffali, curiosando qua e la, attratta da titoli, copertine e trame affascinanti. Finalmente, soddisfatta per quanto scovato, mi sono messa in fila alla cassa.
Ero ormai prossima a pagare, quando il mio sguardo è stato catturato da una serie di libri impilati, poggiati sul bancone. Copertina colorata, titolo infantile impostato anche con una scrittura fanciullesca.
Ogni libro aveva una fascetta gialla che lo conteneva, sulla quale c’era scritto: “per ogni copia venduta la Casa Editrice Mursia donerà 0,50 centesimi a favore di “Cuore di Bimbi”.
Intanto, era arrivato il mio turno; presa un po’ dalla fretta e un po’ dalla curiosità, ne ho preso uno e l’ho aggiunto distrattamente al resto dei libri che, invece, avevo accuratamente cercati e scelti, pensando tra me e me: “in ogni caso sono soldi ben spesi…”.
E come spesso accade, le cose più semplici e impreviste, quelle che sembrano avvengano per caso, si rivelano, poi, le più gradevoli, quelle che proprio perché inaspettate, lasceranno un segno.
“La stanza dell’orso e dell’ape” è la vera storia di due piccole grandi donne, Patrizia Miotto, una mamma ed Emy, la sua bimba di due anni.
Le vicende, i racconti, le notizie, contenute nel libro sono di Patrizia, che durante questa esperienza ha iniziato a scrivere, quasi per caso, un Diario, mentre, la scrittrice triestina, Michela Franco Celani, si è occupata di fare ordine e dare forma ad una serie di pensieri, molto spesso confusi, angosciati, sconvolti.
Nonostante la “normale” disperazione che la colpisce […] se potessi vorrei soltanto dissolvermi nel nulla […] Patrizia inizia a scrivere trovandovi una sorta di liberazione. Scopriamo così già dalle prime righe che è una donna coraggiosa […] non provare tutto il possibile è più che una rinuncia: è un abbandono, un tradimento […], che affronta ogni cosa, con ogni mezzo, utilizzando tutte le risorse e le forze che il suo corpo e la sua mente sono in grado di offrirle.
Lo scopriamo nella straordinaria capacità, che solo un amore materno può suggerire: trasformare in favola ciò che una bimba di due anni e nove mesi non può capire […] c’è una ranocchia che ha deciso di abitare nella tua pancia, ma non è il posto suo, non dovrebbe stare lì. Così i dottori ti daranno elle medicine che la faranno diventare piccola piccola […].
Questa scrittura tutta al femminile non ha nulla di patetico, ma nella sua semplicità, nella sua essenzialità, va dritta all’anima di chi legge. Chi leggerà questo libro non sentirà solo un cuore che batte-rà più forte per l’emozione che le parole e le circostanze raccontate scatenano, ma ammirerà la grin-ta che Patrizia impone alla sua mente per fare ordine, che vuole chiarire, approfondire i momenti di un’esperienza che necessariamente occorre assorbire per poterle dare un senso […] Studio un pro-gramma articolato in tre punti […]: cercare di esaudire ogni suo desiderio psicologico e materiale, ridarle la vita persa in ospedale, tentare altri canali per curarla […].
Emerge un bisogno forte di raccontare lo svolgimento delle tappe di una battaglia per la vita contro una serie di vicissitudini e…di “esseri umani”.
Contro la malattia, prima di tutto, contro l’ipocrisia, l’indifferenza, il rancore, la superficialità, l’incompetenza di molti, contro una burocrazia artificiosa […] comunico all’ECA (Ente Comunale di Assistenza) che la bambina è stata riconosciuta invalida civile totale e loro mi tolgono l’assistenza, perché hanno calcolato gli arretrati della richiesta all’accettazione della doman-da.[…] contro la gente che strumentalizza casi come questi per farsi pubblicità, contro una legislatura che non tutela, non protegge e non sostiene genitori alle prese con un nemico così subdolo e spesso fatale […] La legge prevede che un genitore di un bambino […] ha diritto a quarantacinque giorni lavorativi regolarmente stipendiati, eventualmente seguiti da un’aspettativa non retribuita di massimo due anni […].
La scrittrice Celani, sostiene giustamente, a mio avviso, che: “un libro può essere il luogo privile-giato per l’elaborazione del proprio dolore”. Io aggiungo che può anche essere l’occasione per dare voce e accendere una luce su tutte quelle circostanze di vita quotidiana che sovente complicano un’esperienza già di per sé insopportabile, sconvolgente e senza possibilità di ritorno, comunque vada. Con il poco tempo ancora davanti, con gli “strumenti” da lei stessa concepiti per elaborare e affrontare tutto questo, nutrendosi della solidarietà che fortunatamente non le è mancata, questa donna acquisisce “la” consapevolezza.
Ancora una volta l’amore, la pazienza, la dedizione, la tenacia, la forza d’animo, la dolcezza di madre, hanno dato il coraggio a Patrizia di “accompagnare” la sua Emy, nella “Stanza dell’Orso e dell’Ape”.
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