Il neuroblastoma è un tumore che costituisce la prima causa di morte per i bambini entro il primo anno di vita. Colpisce ogni anno in Italia 140 bambini entro i 6 anni di vita. Per contrastarlo la ricerca è molto attiva, e molte sono le associazioni dedicate a combattere questo specifico tumore pediatrico in Italia e in rete con quelle degli altri paesi del continente.
La strada è ancora lunga ma le novità nel campo degli studi delle alterazioni genetiche e anche in farmacologia incoraggiano a sperare nel miglioramento delle cure. Vediamo quali novità le ricerche in corso stanno portando.
Neuroblastoma e alterazioni genetiche: il Progetto Genedren.
Il progetto Genedren indaga le alterazioni genetiche legate alla predisposizione al neuroblastoma. In Italia coinvolge i maggiori centri di ricerca, da Padova a Trento, a Napoli e Genova. Studiare il neuroblastoma nel suo meccanismo di insorgenza, a livello delle cellule embrionali, è utile per comprendere anche l’insorgenza di altri tipi di tumori come il melanoma e di malattie congenite del cuore. Questo perché le alterazioni genetiche implicate nello sviluppo di queste malattie sono le stesse. Conoscendo queste alterazioni potremo capire quali molecole saranno in grado di “spegnere” l’attività degenerante delle cellule tumorali. “Secondo i dati preliminari ottenuti – dicono i ricercatori – possiamo sicuramente affermare che circa il 10-15% dei casi di neuroblastoma è dovuto ad una predisposizione genetica e che ci sono geni mutati che possono essere bersaglio di terapie innovative che hanno il potenziale di migliorare le cure di questa devastante malattia”.
In questo tipo di ricerca Il Gaslini di Genova si afferma sempre di più come importante polo di riferimento per la lotta al neuroblastoma. Nei suoi centri sono stati ottenuti risultati interessanti riguardo alla individuazione di cellule cancerogene bersaglio che consentano di operare una cura sempre più mirata e selettiva. Vediamo quali.
Nucleolina: perché le alterazioni in questa proteina sono importanti.
La scoperta fa capo al Laboratorio di terapie sperimentali in oncologia dell’Istituto Gaslini di Genova. Il bersaglio individuato dal team di ricerca è la nucleolina, una proteina presente in tutte le cellule umane la cui alterazione si trova in infezioni virali e tumori dell’adulto. La ricerca ha trovato la nucleolina alterata nelle cellule tumorali del neuroblastoma, anche in quello ad alto rischio. Questo consentirà di colpire in modo selettivo queste particolari cellule risparmiando quelle sane dalla aggressione dei farmaci. La ricerca è pubblicata nella rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.
Neuroblastoma ipossico: una via per l’efficacia terapeutica.
Un altro team di ricercatori sia della Università di Genova che dell’Istituto Gaslini ha invece puntato allo studio del neuroblastoma ipossico, cioè con poca ossigenazione che è correlata ad una minore probabilità di sopravvivenza. L’individuazione dei geni coinvolti nella ipossia delle cellule cancerose consente il ricorso a una serie di farmaci specifici in grado di agire proprio su quel tipo di cellule.
Gli autori della ricerca definiscono la portata della stessa in questo modo: “Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono molteplici. La riprogrammazione indotta da questi farmaci sulle cellule di neuroblastoma in ipossia possono rendere le cellule tumorali maggiormente sensibili alle terapie farmacologiche convenzionali, migliorando l’efficacia delle terapie nei pazienti per cui il tumore sviluppa delle resistenze ai farmaci. Inoltre, i geni individuati con le nostre ricerche possono essere usati per individuare precocemente i pazienti con un neuroblastoma ipossico permettendoci così di disegnare le nuove terapie sulla base della predisposizione del paziente”.
B7-H3: una molecola nel midollo osseo la causa probabile dell’inefficacia terapeutica.
Anche nel campo della immunoterapia un altro gruppo di ricerca, sempre genovese, ha reso noti i risultati di uno studio che apre alla possibilità di cure più avanzate. Nel midollo osseo, una delle principali sedi di metastatizzazione o ripresa della malattia, sono state osservate cellule di neuroblastoma che anziché esprimere la molecola GD2 (attuale bersaglio della immunoterapia) esprimono invece la molecola B7H3. Questo spiegherebbe il perché della inefficacia del farmaco immunoterapico standard su alcuni casi di ripresa della malattia che invece potrebbe essere contrastata ponendo come nuovo bersaglio la molecola ora scoperta.