VENEZIA – Si sono chiusi nel silenzio, «per non fare troppa pressione sul giudice che domani dovrà decidere», i genitori di Celeste, la bimba veneziana di due anni malata di atrofia muscolare spinale, senza cure da sei mesi dopo che l’Agenzia del Farmaco ha sospeso le attività del centro dell’ospedale di Brescia dove la piccola era sottoposta ad una terapia sperimentale a base di cellule staminali adulte. A riferirlo è Marino Andolina, il medico pediatra che ha seguito la piccola per le cure compassionevoli, prima a Trieste e poi a Brescia. «Non vogliono parlare – racconta – e aspettano con speranza l’udienza, prevista martedì mattina a Venezia».
Il giudice Margherita Bortolaso dovrà decidere sul ricorso dei genitori, assistiti dagli avvocati Dario Bianchini e Marco Vorano, contro l’interruzione delle prestazioni mediche. Anche l’avvocato Bianchini conferma la volontà della famiglia, che risiede a Tessera, di attendere senza fare dichiarazioni la decisione del giudice. Per il legale, il centro bresciano sospeso dall’agenzia del farmaco è ritenuto all’avanguardia in tutta Europa e non è quindi spiegabile il blocco della sperimentazione, a fronte, peraltro, di evidenze cliniche sul miglioramento della piccola paziente. Celeste è affetta fin dalla nascita da una malattia di origine neurologica che provoca la progressiva atrofizzazione dei muscoli con il blocco delle funzioni respiratorie.
«Faccio appello affinché le persone coinvolte nella vicenda di mia figlia comprendano la gravità di quello che stanno facendo. Qui si parla di vite umane». Lo ha detto ai microfoni del Tg3 del Veneto Gian Paolo Carree, il papà di Celeste, la bambina veneziana di due anni malata di atrofia muscolare spinale, da sei mesi cure dopo che l’Agenzia del Farmaco ha sospeso l’attività del centro dell’ospedale di Brescia dove la piccola veniva sottoposta ad una terapia sperimentale a base di cellule staminali adulte.