Ricercatori e neurochirurghi pediatrici della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma hanno identificato diverse proteine specifiche dei tumori del cervello che colpiscono i bambini, che potranno rivelarsi di grande utilità nella cura di queste malattie, oggi la seconda causa di mortalità per patologie oncologiche in età pediatrica (dopo le leucemie).
Si tratta di una delle recenti scoperte messe a segno dal team della UOC di Neurochirurgia Infantile del Gemelli e dal Centro di ricerca per terapie individualizzate dei tumori cerebrali pediatrici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: gli ultimi risultati dei loro lavori vengono presentati in occasione dell’annuale Congresso della Società Internazionale di Neurochirurgia Pediatrica (The International Society for Pediatric Neurosurgery – ISPN 2016) che si svolge a Kobe (Giappone) dal 23 al 27 ottobre (http://www.ispn2016.org/). In questa occasione si presenta ufficialmente il numero speciale di Child’s Nervous System (una delle più prestigiose pubblicazioni nel campo della neurochirurgia pediatrica e rivista ufficiale delle più importanti società scientifiche del settore) sui tumori cerebrali emisferici di basso grado di cui il Prof. Gianpiero Tamburrini è stato il curatore principale insieme al Prof. Josè Hinojosa dell’Università di Madrid.
I tumori cerebrali pediatrici. I tumori cerebrali sono le neoplasie solide più frequenti in età pediatrica e rappresentano una sfida continua in ambito neuroncologico per la loro prevenzione e cura. Pur essendo disponibili molte informazioni epidemiologiche (incidenza, caratteristiche razziali, correlazione con l’età ecc.), sicuri fattori di rischio non sono stati ancora identificati per cui linee guida per una vera prevenzione non sono ancora disponibili. L’incidenza di questi tumori è di 1-5 nuovi casi per 100.000 bambini per anno.
Uno dei settori più promettenti di ricerca e cura di questi tumori proviene dalla cosiddetta terapia-bersaglio (più nota come target-therapy, secondo la dizione inglese) che consiste nel creare delle molecole selettive per ciascun tipo di tumore, ovvero farmaci che agiscano specificatamente sulle cellule tumorali di modo da accrescere l’efficacia della cura e limitare gli effetti collaterali che interessano le cellule sane. Per poter approntare farmaci di questo tipo, è necessario conoscere la cellula tumorale in maniera quanto più approfondita possibile. A tale scopo, i principali Centri mondiali stanno svolgendo ricerche di laboratorio riguardanti la genomica, cioè il “materiale genetico” di uno specifico tumore e le vie per poter interferire con la crescita e la progressione del tumore stesso.
Gli studi dei ricercatori della Cattolica e del Gemelli contro queste patologie. La Fondazione Policlinico Gemelli e l’Università Cattolica del Sacro Cuore sono in prima linea in questo tipo di ricerca grazie alla collaborazione tra l’équipe della Neurochirurgia Pediatrica (diretta dal Prof. Massimo Caldarelli), dell’UOC di Oncologia Pediatrica (diretta dal Prof. Riccardo Riccardi) dell’Istituto di Biochimica (diretto dal Prof. Massimo Castagnola) in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR (Dr.ssa Claudia Desiderio). Tale contributo è arricchito dalla collaborazione con reti di ricerca internazionale, quale il Medulloblastoma Advanced Genomics International Consortium – MAGIC.
La ricerca presso l’Università Cattolica è principalmente focalizzata sugli studi di proteomica. Fino ad ora, sono state identificate diverse proteine specifiche che potranno rivelarsi di grande utilità: innanzitutto le ‘emorfine’ (in particolare, VV-7 e LVV-7), proteine in grado di sopprimere le cellule tumorali e bloccarne la proliferazione. Sono state riscontrate nel liquor dei tumori della fossa cranica posteriore (soprattutto medulloblastoma e astrocitoma) dopo la rimozione del tumore, mentre la loro produzione risulta spenta quando il tumore è ancora in sede. In altri termini, il tumore provvede a bloccare la produzione di emorfine per poter crescere.
Gli scienziati stanno adesso cercando la strada per stimolare la produzione di emorfine e bloccare la crescita del tumore.
Ma non è tutto, i ricercatori dell’Università Cattolica hanno identificato la protimosina α1 e le paratimosine: tipiche del medulloblastoma (il tumore cerebrale maligno più frequente nei bambini), sono in grado di stimolare la cellula tumorale e inibirne l’apoptosi (ovvero la morte programmata), favorendo così la progressione tumorale. L’identificazione di farmaci che abbiano queste proteine come bersaglio potrà potenziare notevolmente la cura del medulloblastoma.
Un’altra famiglia di proteine protagoniste della ricerca targata Università Cattolica e Policlinico Gemelli sono le timosine-β che hanno un ruolo analogo alle precedenti ma sono state riscontrate in un tumore diverso, il craniofaringioma. Quest’ultimo, pur essendo una neoplasia biologicamente benigna, è uno dei tumori più difficili da trattare in età pediatrica per via dell’alto rischio di recidiva e di deficit visivi ed endocrinologici che il tumore stesso o l’intervento chirurgico possono produrre.
La necessità di una terapia individualizzata è quindi anche in questo caso molto sentita e la ricerca sempre più vicina a identificare le molecole da aggredire farmacologicamente.
La monografia sulla rivista Child’s Nervous System
La monografia sui gliomi su Child’s Nervous System è finalizzata a fornire una visione aggiornata a 360 gradi dei tumori cerebrali di basso grado del bambino
Le principali innovazioni degli ultimi anni in questo campo sono andate in tre direzioni fondamentali: 1) miglioramento della pianificazione operatoria con le nuove metodiche di diagnostica radiologica in grado di documentare non solo le strutture cerebrali, ma anche la loro funzione, 2) miglioramento della localizzazione intraoperatoria del tumore con neuronavigazione, ecografia intraoperatoria e con le metodiche di imaging intraoperatorio (RM e TAC) e 3) migliore conoscenza dei meccanismi genetici e molecolari che regolano l’oncogenesi di questi tumori al fine di proporre trattamenti oncologici mirati.
Grazie a queste innovazioni la possibilità di asportazione chirurgica totale di questi tumori è aumentata ed è diminuito il rischio di deficit postoperatori, con un miglioramento quindi della sopravvivenza e della qualità di vita dei pazienti, con la prospettiva di terapie mediche integrate individualizzate.
ilsole24ore.com 24.10.16