Una Campagna nazionale di sensibilizzazione pone al centro dell’attenzione gli adolescenti con una malattia oncologica. «Curarli è una missione possibilissima», dice l’oncologo Andrea Ferrari, «ma la diagnosi arriva ancora troppo tardi»
Sono circa un migliaio i ragazzi italiani fra i 15 e i 19 anni che scoprono ogni anno di avere un tumore. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di una neoplasia che colpisce il sangue (per lo più leucemia), le ossa, il cervello. O i tessuti molli dell’organismo (si chiama: sarcoma). Con i trattamenti combinati più moderni, oggi circa il 70% degli adolescenti guarisce, e nella stragrande maggioranza dei casi può condurre una vita normale. Praticamente sovrapponibile a quella di un coetaneo che non ha mai dovuto affrontare il cancro. E questa sì che è una notizia davvero confortante. Il guaio è che questi teenager approdano alla diagnosi – e quindi alle terapie – con un ritardo significativo. Il che non accade per la popolazione dei bambini. Perché?
IL CENTRO DI CURA GIUSTO – Vari sono i motivi alla base di questa critica perdita di tempo: scarsa informazione tra i ragazzi e le famiglie, paura di prendere di petto quegli… “strani” disturbi, ma, soprattutto, ritardo nell’invio del paziente verso un Centro oncologico dedicato, capace di mettere in atto protocolli specifici. Servono, in definitiva, Centri speciali – ecco il messaggio cruciale – perché gli adolescenti sono pazienti speciali, che richiedono attenzioni speciali, cliniche e non (si pensi all’adeguato supporto psicologico, per esempio). «Raggiungere i Centri di cura “giusti”, statistiche alla mano, significa non solo avere maggiori possibilità di guarire, ma anche contare, poi, su una buona qualità di vita». Parole del dottor Andrea Ferrari, oncologo pediatrico e responsabile del «Progetto Giovani» all’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano. Insomma, “non c’è un perché” se un ragazzo si ritrova alle prese con una malattia oncologica, ma assolutamente chiari sono “dove” e “come” curarsi.
LO SPOT E IL TESTIMONIAL – Per l’appunto: Non c’è un perché. È proprio il titolo di una Campagna informativa finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema “cancro & adolescenza”, e sull’importanza nevralgica della diagnosi precoce. Un’iniziativa che lancia a sua volta SIAMO, la neonata Società Italiana Adolescenti con Malattie Onco-ematologiche, fondata dallo stesso dottor Ferrari. Per corroborare il messaggio, Francesco Vigorelli, meglio conosciuto con lo pseudonimo Jake La Furia, membro del gruppo Club Dogo, si rivolge con uno spot ai ragazzi e al pubblico. Racconta che mille cose nella vita non hanno una spiegazione logica. Come: perché mai ci si ammali di cancro nel cuore dell’adolescenza. Ma non bisogna annaspare nella disperazione: fortunatamente, c’è un perché se si guarisce.
L’UNIONE FA LA FORZA – SIAMO è formata da medici (oncologi pediatri e oncologi medici dell’adulto, radioterapisti, chirurghi), infermieri, psicologi, assistenti sociali, pazienti, familiari e testimonial, ed è promossa da FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncoematologia Pediatrica), AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica), AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e SIE (Società Italiana di Ematologia). Questa “santa alleanza” costituisce il vero punto di forza del progetto: lavorando tutti assieme – per la prima volta gli oncologi pediatri e gli oncologi dell’adulto a braccetto per aiutare gli adolescenti malati – diventa possibile cambiare concretamente le cose. «Con il nostro movimento», ci dice Ferrari, «vogliamo contrastare il ritardo diagnostico che pesa su questi pazienti. Un fenomeno che può avere come conseguenze la progressione della malattia da una forma localizzata a una più avanzata o metastatica, e un significativo impatto sulle probabilità di guarigione. È fondamentale, quindi, che tutti – famiglie, medici e ragazzi stessi – siano consapevoli della straordinaria importanza di una diagnosi precoce».
Edoardo Rosati