Gli esperti chiedono meno ostacoli e più attenzione per le sperimentazioni sui bimbi per evitare effetti collaterali
MILANO – Gli studi di sopravvivenza indicano che oggi più di sette bambini su 10 guariscono completamente da una neoplasia. Gli effetti collaterali a lungo termine delle cure, in particolare di chemio e radioterapia, sono ormai ben noti e i medici sono preparati a tenerli sotto controllo. Inoltre gli oncologi sono alla costante ricerca di nuove terapie meno tossiche: uno studio pubblicato su Lancet Oncology riassume le principali conseguenze a lungo termine finora note dei più recenti farmaci utilizzati in oncologia pediatrica e un approfondimento sulla stessa rivista richiama l’attenzione sulla necessità di condurre più ricerche per trovare trattamenti efficaci mirati per bambini e adolescenti malati, il cui organismo è diverso da quello degli adulti. Altrimenti si rischia di arrestare gli straordinari successi ottenuti negli ultimi 50 anni: l’80 per cento dei tumori pediatrici è ora curabile, ma un bambino su cinque che si ammala di cancro è senza cura perché non esistono farmaci efficaci contro la sua malattia.
STUDIARE GLI EFFETTI DEI FARMACI SUI BAMBINI – «Sappiamo che sul lungo periodo i bambini possono andare incontro a neutropenia (basso numero di globuli bianchi), infezioni, problemi cardiaci o infertilità dovuti ai chemioterapici tradizionali – dice Chris Porter, ricercatore e docente di pediatria alla University of Colorado School of Medicine, autore dello studio -. Seguiamo per anni i bambini guariti e, a seconda del rischio che corrono per il trattamento subìto, cerchiamo di prevenire il possibile problema. I nuovi farmaci a bersaglio molecolare, stando alle sperimentazioni finora condotte, appaiono efficaci e molto meno tossici, ma abbiamo bisogno di raccogliere più informazioni sui possibili effetti indesiderati nel lungo periodo nei bambini». Per loro stessa natura le target therapies hanno effetti collaterali differenti dai chemioterapici tradizionali e bisogna anche valutare l’ipotesi che diano conseguenze nei bambini diverse rispetto agli adulti.
RIVOLGERSI A CENTRI DI ESPERIENZA – Le cure chirurgiche odierne per i piccoli con tumore sono meno invasive, le radiazioni più mirate, le dosi chemioterapiche più blande, ma poiché le target therapies sono state introdotte fra i trattamenti anticancro solo negli ultimi anni, servono tempo e attenzione per monitorarne gli esiti negli anni successivi. Ad oggi si sa che i farmaci molecolari nei pazienti pediatrici possono fermare la crescita, ritardare la pubertà o accelerare la comparsa di diabete. E si stanno studiando potenziali sequele neuro-cognitive o motorie: «Il fatto è – prosegue Porter – che questi farmaci bloccano i canali di crescita cellulare (per fermare la proliferazione delle cellule tumorali). Il che può non essere un grosso problema negli adulti, ma potrebbe portare a complicazioni per chi è in piena età dello sviluppo. Proprio perché sempre più bambini guariscono vogliamo garantire loro una vita serena e il più possibile sana, per questo servono maggiori ricerche mirate sull’uso dei farmaci anticancro nei bambini». In attesa di raccogliere le informazioni necessarie, gli esperti raccomandano di utilizzare questi farmaci all’interno di protocolli sperimentali e di curare i giovani pazienti in centri dove ci sia una buona esperienza, sia nel trattamento dei tumori pediatrici che nel follow up dei malati.
TROPPI OSTACOLI PER LA RICERCA – Una serie di ricerche pubblicate sempre su Lancet Oncology sottolinea ulteriormente il cuore del problema: per continuare a fare progressi contro queste neoplasie servono sperimentazioni e studi ritagliati su bambini e ragazzi, che portino a sviluppare e approvare nuove cure efficaci e sicure per loro. «Sebbene nei Paesi occidentali sempre più giovani sopravvivano al cancro, questo resta la prima causa di morte fra 1 e 15 anni – dice Richard Sullivan, docente al King’s College di Londra e al King’s Health Partners Integrated Cancer Centre -. I progressi compiuti hanno portato la sopravvivenza dal 30 all’80 per cento per chi si ammala in questa fascia d’età, ma ci sono troppi limiti per l’accesso dei piccoli pazienti ai trial clinici, il che ritarda lo sviluppo di nuovi farmaci, complicato ulteriormente dalla mancanza d’investimenti per sperimentazioni in quest’ambito». La ricerca in quest’ambito, insomma, è troppo lenta a causa di ostacoli pratici, metodologici, finanziari e burocratici. L’appello degli esperti va dunque agli enti regolatori, perché semplifichino le normative di studio, e a una maggiore collaborazione internazionale fra ricercatori, oncologi e pediatri, istituzioni e associazioni dei pazienti.
Vera Martinella (Fondazione Veronesi)